Nigeriana colpita da arma da fuoco

E. è una ragazza nigeriana di 24 anni molto vivace, intelligente e carina, preferisce essere chiamata con un altro nome, ha un fisico da fotomodella che purtroppo oggi racconta con le sue cicatrici le brutture della strada e i soprusi degli sfruttatori.
All’arrivo in Italia, quattro anni fa, viene privata di tutti i documenti e costretta alla prostituzione nella zona di Napoli dalla sua “madame” per ripagare il suo “debito”.
Dopo circa un anno riesce a fuggire e ripara a Stornarella, un piccolo centro agricolo in provincia di Foggia. E’ alla ricerca di un lavoro, sa perfettamente che non può tornare nel suo paese, non ha documenti ma trova una connazionale che la ospita.
L’amica le spiega che l’unico lavoro che c’è da fare in zona è quello di strada così E. si rassegna e si rende conto che l’unico modo di guadagnarsi da vivere è contiuare a prostituirsi.
Di giorno però le “postazioni” sono tutte occupate ed E. non ha alcuna protezione, la vita sulla strada è dura ci si prende a botte anche per un pezzo di marciapiede.
E. si vede costretta così a lavorare di notte, non può vivere senza denaro, deve contribuire alle spese dell’amica che la ospita ed inoltre la sua famiglia conta sulle sue rimesse.

Il lavoro di notte è molto più pericoloso, i clienti “notturni” sono di solito più violenti e non sono quasi mai soli, inoltre c’è poco movimento e le strade di campagna sono deserte, se ti succede qualcosa non sai chi chiamare e nelle condizioni di clandestinità non si può certo chiedere aiuto alla polizia.
Per E. però, come vedremo poi, la polizia è stata la sua salvezza. Lavorando di notte, senza saperlo, occupa una zona all’estrema periferia della città di Foggia che è di dominio di un clan di malavitosi albanesi. Questi ultimi la minacciano varie volte, le botte ed il furto dell’incasso di una serata sono solo un avvertimento.
E. non si rende conto del pericolo che corre fino a quando la sera del 28 luglio 2002 mentre è appartata con un cliente nella macchina di quest’ultimo, il gruppo di albanesi si rifà vivo e spara vari colpi di mitraglietta che colpiscono sia lei che il cliente abbastanza seriamente.
Il cliente è convinto che gli albanesi sono complici della ragazza e che vogliono rubargli l’auto, nonostante le ferite infertegli al tronco innesta la retromarcia e una volta arrivato sulla statale abbandona E. sulla strada e si reca al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Foggia dove prima di essere ricoverato in terapia intensiva, si rende conto che sul sedile di destra vi sono macchie di sangue e capisce che anche la ragazza è stata colpita così segnala l’accaduto alla Polizia presente in Ospedale che si reca sul posto.
E. è riversa sul ciglio della strada, perde sangue, è stata colpita da un proiettile che le ha attraversato il fianco, viene ricoverata in chirurgia d’urgenza.

Il mattino seguente viene contattata l’operatrice del progetto “Roxana” che gestisce un ambulatorio dedicato alle donne vittime di tratta presso l’Azienda Ospedaliera – Universitaria di Foggia.
Dopo un lungo colloquio sia con l’operatrice e sia per telefono con una ragazza nigeriana appena uscita dal progetto, E. si rende conto che si può uscire dal mondo della prostituzione e della clandestinità.
Il giorno seguente in presenza degli ispettori della polizia criminale e dell’operatrice sanitaria, E. decide di collaborare con la le forze dell’ordine e di entrare nel programma di protezione.

In data 1 agosto 2002 viene accompagnata presso la casa d’accoglienza dell’Associazione “Croce Blu” di Lucera. Nonostante le ferite che necessitano di due medicazioni giornaliere e le fleboclisi di antibiotico E. , per varie serate accompagna gli agenti di polizia nei pressi dell’agguato, fornendo indicazioni e dettagli utili alle indagini.
La collaborazione con la Questura di Foggia continua incessante, numerosi i colloqui al fine di denunciare la “madame” e ricostruire il canale del traffico di donne dalla Nigeria.
Una volta rimessa dalle ferite E. mostra attitudine al lavoro, offre la sua opera presso l’Associazione che la ospita ed è in ottime relazioni con una ragazza ormai uscita dal progetto.
Nonostante lo scarsissimo impegno scolastico (si rifiuta quasi sempre di frequentare i corsi di italiano) riesce per la sua perspicacia ad imparare bene la lingua ed appena ottenuto il passaporto ed il suo primo permesso di soggiorno, trova – da sola – contatti per un primo posto di lavoro estivo in una struttura ricettiva del Gargano.

Viene poi trasferita il 18 luglio 2003 alla casa di accoglienza “La Conchiglia” di Pistoia, dove si cerca per lei un inserimento lavorativo definitivo. Attualmenta sta bene, è ben inserita nella nuova struttura.

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